Di recente ho colmato un grande vuoto nella mia cultura cinematografica guardando in poco tempo questi due film che hanno fatto (e continuano a fare) la storia del genere gangster/mafia e volevo spendere due parole per entrambi.
Prima cosa, banale, vanno visti e possibilmente rivisti entrambi, a prescindere dal genere che uno preferisce: in più di 6 ore complessive offrono tematiche e spunti su cui riflettere per tanto tempo, nonchè delle prove di eccellenza da parte dei registi, degli attori e di chi ha partecipato alla realizzazione.
C'era una volta in America
Oggettivamente un capolavoro e quello che preferisco tra i due.
Leone ha impiegato più di 10 anni a dare forma alla sua ultima opera e vi ha riversato tutto quello che aveva da dare al cinema: la storia che racconta non è poi così lontana da quelle raccontate nei suo precedenti western, cambia il tempo, il luogo ma non l’incedere epico e incredibilmente drammatico della vicenda che, tra l’altro, si conclude con un “mancato duello” tra i due protagonisti assoluti, Noodles (De Niro) e Max (James Wood).
Il fulcro della storia è proprio l’amicizia tra i due, da quando erano ragazzi di strada, alla nascita della banda, ai primi problemi, che sfociano nella rottura definitiva del loro rapporto, in maniera molto di più complicata di quanto sembra ma assolutamente definitiva (come testimoniano le parole di Noodles nel finale che non vuole neanche riconoscere la persona che ha davanti e che gli sta offrendo la possibilità di una resa dei conti).
Ottima l’interpretazione dei due attori ma davvero tutti concorrono alla riuscita finale: una giovanissima Jennifer Connelly (all’epoca quattordicenne) e la sua “controparte” adulta Elizabeth McGovern nei panni di Deborah, l’unico vero amore di Noodles, i ragazzi del ghetto, Joe Pesci nei panni di un mafioso siciliano che fa una brutta fine…
Suggestiva la struttura temporale del film, che vede alternarsi tre periodi (1907-‘08/1932-’33 e 1967) con soluzioni di continuità davvero notevoli.
Una nota a parte merita la celebre colonna sonora di Ennio Morricone, perfetta. Fa parlare le immagini, stempera i momenti di violenza fondendosi con essi, fa commuovere nei momenti di per sé più toccanti. E pensare che fu composta prima che il film prendesse forma…
Quei bravi ragazzi
Il film di Scorsese, pur trattando più o meno lo stesso tema solo ambientato qualche anno più tardi, è completamente diverso negli intenti e nella realizzazione.
“C’era una volta in America” era la storia di un amicizia immersa nel mondo della malavita americana, “Quei bravi ragazzi” racconta quel mondo e basta.
Fin da subito il film appare quasi documentaristico, freddo, senza fronzoli o momenti solenni: si entra subito in medias res, con l’omicidio che alla fine cambierà le sorti di tutti i personaggi coinvolti e una voce fuori campo del protagonista segna il distacco tra lui e i fatti.
Anche questo film ripercorre tanti anni di malavita, dalla fine degli anni ’40 alla fine dei ’70 circa, ma quello che interessa mostrare al regista è la vita quotidiana di quelle persone, una mafia “di provincia” che non riuscirà mai a salire di importanza, una vita vissuta sempre al massimo e sempre al limite che però sembra essere l’unica via come testimonia il malinconico finale.
E’interessante fare un paragone tra gli stili recitativi di De Niro e Joe Pesci (che vinse un oscar come miglior attore non protagonista) qui e in “C’era una volta in America”: stessi ruoli a grandi linee ma interpretazioni davvero diverse (soprattutto il primo).
Parliamone un po’…